
Leggendo la lettera che Sammy Basso ha scritto prima di morire per salutare il mondo, se ne percepisce subito il senso che è come il profumo del foglio: un inebriante odore di gratitudine verso Dio che ha voluto chiamarlo alla vita.
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“Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, e l’ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente.”
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“Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede”.
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“Lui ha cambiato la mia vita, l’ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana”.
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“Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata e decreterà chi continuerà a vivere in eterno e chi invece dovrà morire.“
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“Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, …”
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“Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore.”
La vita è un miracolo e noi cristiani crediamo fermamente che è dono di Dio e che non finirà mai.
La questione fondamentale che si pone allora non è tanto come avere una vita terrena lunga o corta, ricca o povera, trascorsa nella salute o nella malattia, ma piuttosto come fare per vivere il resto dell’esistenza in paradiso. Un’indicazione ci viene dal vangelo di Marco:
“Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua»”. (Marco 8:34)

Prendere la propria croce equivale allora ad accettare con rassegnazione le prove e le sofferenze della vita quotidiana? In quest’ottica a Sammy sarebbe toccata, oltre alla progeria, anche una bella dose di tristezza e di rassegnazione, ma dalla sua lettera traspare tutt’altro. Per capire meglio leggiamo il versetto successivo del vangelo di Marco:
“Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione?” (Marco 8:35-36)
Abbracciare la croce significa, quindi, rinnegare se stessi, le esigenze del proprio corpo e condividere la logica del Vangelo, cioè spostare il proprio baricentro dall’io a Dio. In questa difficile ricerca di un punto di equilibrio vero, il mondo, con le sue scintillanti illusioni materiali, lentamente scompare e l’unico riferimento diventa Gesù, l’Amore per antonomasia.
Segno della Sua presenza è la gioia, non la tristezza e la rassegnazione.
Caricarsi della propria croce ogni giorno significa anche scrollarsi lentamente di dosso, una alla volta, le ricchezze del mondo che generano false prospettive, ci fanno sentire forti e ci appesantiscono, per fare posto alla grazia di Dio.
“ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me”. (Corinzi 12:9)
Il peso della nostra croce, piccola o grande che sia, visibile o invisibile agli altri, se accettata, ci aiuta a definire i limiti del nostro corpo, schiude l’orizzonte dell’eterno e ci fa vedere l’abisso che ci separa da Dio. Solo allora saremo pronti a dare alla sua Misericordia il permesso di riempire la nostra miseria.

A tutti è data la possibilità e la capacità di portare la propria croce, ma questa non è mai un fatto privato, perché l’uomo è fatto anche di relazioni.
Alcune croci poi sono particolarmente pesanti e richiedono di essere condivise da intere famiglie o comunità o addirittura nazioni e ciascuno in questo caso deve accettare responsabilmente la sua parte.
Portare la croce richiede una scelta di vita coraggiosa e radicale che in alcuni contesti significa accettare di essere discriminati, derisi, oltraggiati, cacciati e perseguitati.
Nei momenti in cui la croce diventa difficile da portare e ci sentiamo schiacciati dal suo peso, il nostro desiderio più grande è quello di incontrare un cireneo che si presti a darci un attimo di sollievo. Noi stessi, in qualche momento della nostra giornata, possiamo fare l’abitudine a vestire i panni del cireneo: non ci sarà difficile alleviare le sofferenze di chi ci è intorno, se adotteremo temporaneamente la sua croce.
“Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!” (Atti 20:35)
Mandami qualcuno da amare
Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo,
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo,
dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me,
mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.
Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli
Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.
Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,
e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
Per approfondire:
Testo integrale della lettera di Sammy: https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2024-10/testamento-spirituale-sammy-basso-testo-integrale.html
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