L’interesse per la mondialità è datato nella nostra associazione che, agli inizi, fece suo l’interesse della piccola comunità di Poleo portando la propria passione, il proprio credo e la propria solidarietà in paesi lontani, in Africa, in Europa centrale e in America Latina.
La stessa denominazione dell’Associazione evidenzia tali aspetti, anche se l’uso dell’aggettivo “missionario” non spiega esattamente il nostro posizionamento rispetto agli obiettivi concreti.
Negli ultimi anni abbiamo cercato di sviluppare dialogo e confronto tra noi del ricco occidente e i nostri “amici” impegnati nel mondo.
Quindi più attenzione al dialogo e – quando possibile – agli incontri di sensibilizzazione anziché mandare aiuti economici con peculiarità assistenziale.
Da qui ad una progettualità condivisa e moralmente sostenuta il passo è breve.
Ed è quanto è avvenuto con due persone molto care a noi e alla comunità in particolare, senza nulla togliere ad altre persone altrettanto care con le quali pensiamo di tornare ad intrecciare relazioni prossimamente.
Inoltre crediamo che “mondialità” rappresenti da un lato uno sguardo attento verso il mondo e non alcune sue parti, e dall’altro si riferisce alla “fratellanza”, e questa non è solo vedere i poveri come persone alle quali manca qualcosa, ma come individui che hanno qualcosa da condividere.
Di seguito due testimonianze di “mondialità” che ci riguardano da vicino, pe. Pedro Facci dal Brasile e sr. Germana Boschetti dal Madagascar.
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Dal Brasile: Ciao!
(Pe. Pedro Facci – da ColoriAMO insieme febbrai 2019)
Carissimo Gruppo Sociale Missionario di Poleo, ciao! Anzitutto ti faccio i miei piú cari auguri per questa tappa di 15 anni di esistenza a servizio della missione.
É bene che ci sia sempre qualcuno che ci ‘pungoli’ per aprirci alla dimensione sociale della carità, con un’attenzione ai poveri di oggi, categoria che Gesù, nella sua vita e nel suo messaggio evangelico, ha sempre privilegiato. Chiaro che la categoria povertà non è semplicemente sociologica. Ci sono tante povertà; materiale, morale, spirituale, psicologica e così via. Però, di fronte a qualcuno che non ha da mangiare, senza casa e senza appoggi, tutte le belle riflessioni cadono e ci si chiede cosa fare. Ma ‘il bene va fatto bene’, come ricordava papa Benedetto agli operatori della Caritas anni fa.
Da quest´anno mi trovo con frequenza a São Paolo, una metropoli della grande America del sud con i suoi più di 20 milioni di abitanti. Prima ero a Manaus, cuore dell´Amazzonia, mio primo amore, ma durante un´assemblea elettiva i miei cari amici missionari del Pime mi hanno eletto coordinatore (superiore) di questa regione che oggi si distingue in tre grandi aree missionarie: Manaus-Parintins, Macapà -Belém e São Paulo- Paranà. Ragion per cui ho lasciato la mia Amazzonia, la selva verde, per una selva di asfalto, grattacieli, metropolitane e raccordi stradali. Questa occasione, però, di scrivervi mi dà la possibilità di riflettere su un evento che mobiliterà l’opinione pubblica mondiale: il Sinodo sull´Amazzonia che si celebrerà nell´ottobre prossimo, dal tema: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, riprendendo così il concetto espresso da Papa Francesco nella lettera enciclica Laudato sii, sulla attenzione e cura della casa comune, dove al centro c´è l´uomo con tutte le sue prerogative. Quali le sfide? Le dimensioni della Pan Amazzonia parlano di per sé: sette milioni e mezzo di chilometri quadrati con nove paesi (Brasile, Bolivia, Ecuador, Colombia, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela e Guyana Francese), che si spartiscono questo grande bioma. Un bacino che rappresenta una delle maggiori riserve di biodiversità del nostro pianeta: dal 30 al 50 % della flora e fauna del mondo e 20% di acqua dolce non congelata del pianeta. In questa immensa regione convivono popoli e culture diverse con differenti stili di vita. Basti pensare ai tre milioni di indios rappresentanti 390 popoli diversi. Oggi, come ricordava papa Francesco nel suo viaggio a Puerto Maldonato (Perù), i popoli originari amazzonici sono minacciati dai nuovi colonialismi, che fanno diventare l´Amazzonia una terra disputata su vari fronti. Ed è proprio qui che entrano le sfide.
E la Chiesa come si muove? Posso parlare di ciò che conosco. Da più di 40 anni, attraverso l’esperienza di un padre del Pime di Lodi, Enrico Uggé, siamo presenti tra gli indios Sateré Maues de Parintins, nel cuore dell´Amazzonia. Ho visitato quest’area nella quale p. Enrico, oggi più che settantenne, sta dando tutta la sua vita. Era l’anno della misericordia e per l´occasione assieme al vescovo ho visitato la comunità, a più di 10 ore di barca dalla città, per l´apertura della porta santa. Il vescovo, infatti, aveva dedicato alla tribù indigena uno dei luoghi santi per sperimentare la misericordia di Dio. Con canti e preghiere nella loro lingua, con una corona in testa intrecciata di fibre di palme, è stata aperta la porta, sulle cui travi in lingua locale era scritto: “Woehakyeratãp e´oken´ypy”, Misericordiosi come il Padre. Credo che questa esperienza raffiguri bene cosa vuol dire essere missionario, coniugando evangelizzazione e promozione umana, nel rispetto della cultura, lingua, usi e costumi, ma anche con la grande certezza che solamente Gesù Cristo è veramente capace di dare un senso alla vita e di far risplendere sempre più pienamente la bellezza dell´essere umano fatto ad immagine somiglianza di Dio, per farlo diventare uomo nuovo con tutte le sue potenzialità.
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Dal Madagascar: eccomi!
( Sr. Germana Boschetti – Figlia di Maria Ausiliatrice Salesiana di Don Bosco)
Parlare del Madagascar, perché? E’ un Paese meraviglioso, per moltissimi aspetti sconosciuto e, spesso, dimenticato.
E’ una meraviglia per chi ama la natura ancora da scoprire, per chi ama la vita semplice e calma, per chi ama incontrare le persone così, come sono … così, come siamo e, forse, non riusciamo più a manifestare. Il Madagascar è un Paese ricchissimo di risorse naturali ed è per poterle sfruttare più liberamente che i governanti (anche di Paesi stranieri) lo tengono in un angolo, tengono il popolo sotto i piedi. Questo è un pensiero che mi sostiene e aiuta a far tutto il possibile per essere accanto ai più deboli e poveri, perché non siano continuamente sfruttati.
Dal mio arrivo nel 1985 la vita degli abitanti è tanto cambiata e anche la mia! Amo questi fratelli, è per condividere la loro vita che sono venuta.
Un giorno mi son sentita dire “Zanan-tany ianao ny maseranay” (“Tu, nostra suora, sei figlia della nostra terra”). Un dono più bello non potevano farmi!
Quando uno arriva, resta impressionato dal sorriso dei bimbi, dei ragazzi, di chi invita a entrare nelle loro abitazioni e offre tutto ciò che ha per dar gioia. Non dicono: “Ho chiesto aiuto ai vicini per offrirtelo … non ci sarà più niente per noi …”. Il sorriso è donato a tutti quelli che incontri. Arrivano sorridenti e non sai quale pena hanno in cuore.
Una mattina arriva un’insegnate. Dopo il saluto le ho chiesto: “Come va?” Lei, sorridendo, mi ha risposto: “Bene, grazie, ma… “. “Ma che cosa?”
Solo dopo questa mia domanda mi ha raccontato che il marito, la sera prima, dopo averla battuta, ha preso tutti i soldi e quanto altro poteva ed è partito con un’altra donna!
Un altro giorno una nonna è arrivata per dirmi che, mettendo al mondo, la figlia e il bimbo sono morti. Il chirurgo non ha voluto operarla perché non aveva i soldi “supplementari” solo per lui … e mi chiede: “Come faccio a dirlo in famiglia affinché non si scateni la violenza e ci siano altri morti?”
Quante volte mi è capitato di vedere condividere la merenda tra ragazzini che ce l’hanno e altri che non hanno niente.
E non vi parlo a lungo dei giocattoli che si costruiscono!!! Con carta, stracci e spago si fanno i palloni, con una scatoletta vuota di sardine e pezzetti di legno per ruote si costruiscono l’automobilina … e sono felici di giocare insieme! Un mucchietto di pietre: ogni pietra un personaggio, si batte una pietra sull’altra e si dialoga (chi gioca fa le voci delle due persone). Quante volte si riesce a conoscere la situazione, la tragedia familiare vissuta dai bambini ascoltando questi dialoghi!
Passando per le strade tra un villaggio e un altro si vedono uomini e donne nei campi che lavorano la terra. Non usano macchine, qui si fa ancora tutto a mano! Nelle risiere si vedono le donne nell’acqua per trapiantare il riso o per togliere l’erba (come le mondine d’un tempo da noi). S’incontrano i carri trainati dagli zebù e si risponde al saluto di chi cammina portando sulla testa riso, carbone, legna, legumi o frutta da vendere al mercato.
Quando ci sono le feste, qui si canta e si balla in piazza, con i vestiti lunghi, il cappello di paglia, i tamburi … ed è festa! Si gioisce insieme!!!
Potrei raccontarvi ancora tanti, tantissimi particolari di vita.
E’ per vivere con loro che sono venuta.
E’ per lavorare con e per loro che sono qui.
E’ perché spero per loro un avvenire migliore che mi dedico all’educazione dei ragazzi, preferibilmente i più poveri.
Ecco, solo qualche piccola idea per dirvi che qui la vita è davvero dura, ma la si ama; qui si respira “aria pulita” di generosità, condivisione, aiuto reciproco, di speranza nella vita serena “insieme”… è questa la mia vita di missionaria. E’ questa la mia preghiera di vita, di ogni giorno…
Abbiamo bisogno di “sentire” il Padre vicino, condividere la certezza che Dio Padre non ci abbandona, che l’amore scambievole è un segno della Sua presenza in noi e tra noi e ce lo diciamo, semplicemente … Questo è per noi, testimoniare la “Buona Notizia” che Gesù è venuto a portarci.
GRAZIE a tutti voi, perché, non l’ho detto prima, ma se noi missionari possiamo aiutare in tanti modi questi fratelli perché possano vivere e uscire dalla miseria, è grazie al vostro aiuto che, senza dubbio, è frutto di preghiera e di dono.
La nostra vita, fatta preghiera, è anche per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, per quanto portate in cuore!
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