SIAMO TUTTI FRAGILI

Recensione per Librarsi Liberi a cura di Gianni Faccin
Non è questione d’età, siamo tutti fragili e vulnerabili. Ben si evince dall’ultimo lavoro della scrittrice e odontoiatra Donatella di Pietrantonio che di recente ha vinto il premio Strega.
Ce l’aspettavamo perché l’opera si pone elegantemente tra passato e presente e tocca in maniera diretta temi molto sensibili riguardanti il rapporto tra le persone, tra amici, tra familiari e in particolare tra genitori e figli.
Un chiaro esempio è a pagina 172: “A. è partita da una settimana e io non mi abituo alla sua assenza. Ieri ho comprato il latte di riso per lei che non lo berrà. Ci siamo lasciate litigando, aveva già lo zaino in spalla e non finivamo di dircele. Mi ha avvisata quasi all’ultimo momento, al solito. Anzi, sono stata io a chiederle se intendeva riprendere l’università, ora che è settembre. Ma no, lei stava andando via. Così l’ho saputo. Come sono lontani a volte i pensieri dei figli da ciò che crediamo. Quella falsa sintonia con loro è solo un ricordo di quando erano bambini.”
L., protagonista della storia, lavora come professionista nel borgo in cui è nata e dove ha da sempre vissuto, all’interno dell’Appennino abruzzese. Separata, vive principalmente della compagnia del padre anziano, un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla campagna, ai suoi pazienti, e agli amici del coro in cui canta. Il senso di solitudine e l’immobilità stagnante della routine di L. ricevono una scossa quando la figlia A., studentessa universitaria a Milano, si trasferisce di nuovo a casa a causa della pandemia.
Agli occhi di L., la figlia risulta cambiata dall’ultima volta che l’ha vista partire, confinata sin da subito in un silenzio indecifrabile. Il ritorno di A., insieme alla notizia del padre di lasciarle in eredità il terreno di famiglia – chiamato Dente di Lupo –, rappresentano per L. la molla che la costringe a fare i conti con un oscuro passato, segnato da dolori e fragilità che l’hanno accompagnata per una vita intera.
Infatti, una disgrazia aveva colpito trent’anni prima il Dente di Lupo, quando al tempo sorgeva lì un campeggio dove L., ancora ventenne, lavorava insieme alle sue amiche. Un delitto aveva sconvolto l’intera comunità: due giovani turiste modenesi erano state trovate nel bosco senza vita, e D., l’amica del cuore, quella notte era scomparsa con loro, risultando poi l’unica a salvarsi. L. in prima persona aveva partecipato nel bosco alle ricerche di D., che tutti ormai credevano morta.
Da quella storia, la loro vita è cambiata per sempre, insieme al destino di quel luogo. Il Dente di Lupo, dopo le lunghe indagini della polizia sul caso e i clamori della cronaca, sparì presto dalle guide turistiche, il campeggio chiuse i battenti e nessuno andò più a camminare lungo quei sentieri, diventati minacciosi per l’intera comunità. Per L., adesso, riprendere in mano la gestione di quella proprietà, zona ambita da speculatori edilizi, significherebbe riaprire una ferita non ancora sanata del tutto, ma allo stesso tempo una nuova opportunità di vita. Avrà davvero il coraggio di farlo?
Fin qui la storia. Una storia ben redatta che ci coinvolge dalle prime pagine e ci fa maturare l’idea di come tutti siamo fragili. Infatti, attraverso molteplici salti temporali, L. ripercorre al presente le tappe di quel drammatico evento verificatosi nei luoghi della sua giovinezza, cercando di fare pace con la sua interiorità fatta di paure e sensi di colpa, nel tentativo di salvare il legame con la figlia e con la sua terra.
L’opera di Donatella Di Pietrantonio ci mette di fronte a temi di straordinaria quotidianità, quali: i traumi della giovinezza, i legami familiari, il rapporto madre-figlia, gli obblighi morali verso i genitori, l’amicizia, il coraggio di abbandonare la propria terra (e di riappropriarsene) e la spietatezza dell’essere umano. Le protagoniste vivono pressappoco tutte alla stessa età un evento traumatico che interrompe il loro tempo felice.

Ma tutti i personaggi di questa storia sono creature vulnerabili, spesso evanescenti e inafferrabili, barricate nel proprio dolore, ma complici nel trovare, dopo tutto, una salvezza nell’altro, una nuova speranza e ragione di vita. Di Pietrantonio, come dice la critica Clara Frasca, “lascia risuonare nel romanzo un’ancestrale solidarietà, che unisce uomini e donne che abitano la stessa terra”.
Dice ancora: “In questo romanzo che si presenta come un giallo investigativo, attraverso la memoria della narratrice, ogni interrogativo trova la sua verità, e la verità trova la giustizia che merita. Un coro di personaggi le cui voci sono un’unica melodia di eventi e correlazioni, e che si fa sinfonia narrativa sapientemente costruita dall’autrice. La scrittura è dinamica e incalzante, delicata nonostante la realtà che si propone di raccontare, e capace di affondare lo sguardo nell’animo dei personaggi, restituendolo a chi legge in tutta la sua – umana – fragilità”.
Ottima lettura per l’estate.
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