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FOLLIE DI BROOKLYN

Sembrano follie e solo di Brooklyn, e invece …

Recensione per Librarsi Liberi a cura di Gianni Faccin

Non mi capita spesso di innamorarmi di un testo, di un racconto o di un romanzo. Lo stesso posso dire se parliamo di scrittori.

Ma Paul Auster (1947-2024), statunitense di origini ebree-austriache, è stata una bella scoperta per me che ho sempre amato i narratori americani del ‘900 e che ho faticato a trovare successive continuità letterarie.

Per chi non lo conosce, Auster ha incentrato la propria ispirazione sul caso che domina l’universo, come nella Trilogia di New York, parodia postmoderna del romanzo poliziesco, e sull’attenzione per l’inverosimile come in Nel paese delle ultime cose e in Mr. Vertigo. Si è dedicato anche alla poesia, alla saggistica e alle sceneggiature cinematografiche.

A parte le due opere citate, la produzione letteraria dell’autore è stata ampia e vale la pena andarla ad incontrare ed approfondire. Come libroteca proponiamo senz’altro alla lettura molti dei libri di Auster, ma dovendo fare una necessaria selezione (cosa quasi impossibile) indichiamo tre titoli: tra i suoi migliori (?) e sempre un po’ autobiografici ossia in primis il suo capolavoro, a detta di certe critiche, L’invenzione della solitudine (1982), Follie di Brooklin (2005) e il recentissimo Baumgartner (2023). Tutti editi da Einaudi.

Paul Auster (1947-2024)

Lo scrivere di Auster è molto diretto, discorsivo, semplice e raffinato, un modo di raccontare e descrivere cose ordinarie con raffinatezza e cose stupefacenti con semplicità. Leggendolo si è invogliati a proseguire, ma anche a tornare su quanto letto perché c’è molta normalità e grande profondità umana. 

Il richiamo alla tradizione è presente, infatti vengono alla mente autori come Hawthorne, Thoreau, Poe, Melville. I temi che ritornano non solo nei romanzi ma anche nella saggistica, sono la vita e la morte, il distacco, la malattia, le emozioni, le separazioni, l’attaccamento, ma anche i valori della speranza, del dialogo, dei rapporti familiari e amicali, l’amore, il rispetto e l’esserci con gli altri quando è utile e necessario. Ci sono anche precisi rintocchi derivanti dalla attualità, spesso drammatica per il mondo intero.

Ho deciso di esprimere qui alcuni pensieri sul secondo dei libri selezionati, il romanzo Follie di Brooklyn. In breve il soggetto: diventato pensionato, il protagonista ritorna a Brooklyn, città natale, lasciata sei decenni prima. Il suo unico desiderio è quello di cercare un buon posto per morire in pace. Ma il caso ha deciso diversamente, molto diversamente. Molte vicende familiari ed extra-familiari inaspettate portano il protagonista a decidere di scrivere un libro sulla follia umana.

Ma la follia abita proprio lì, fuori dalla porta di casa. Il racconto è un vortice continuo di dialoghi e vicende anche surreali. Il tutto appare come un percorso collettivo spensierato, una commedia a tratti esilarante. Ma tutto si collega ad un finale ben noto che ha a che vedere con la mattina dell’11 settembre 2001.

Il testo è buono per una lettura comunque serena in qualsiasi momento dell’anno.

Chiudo con uno dei tanti passi che sicuramente possono colpire il lettore (pag. 244):

“Tre giorni dopo arrivarono da noi mia figlia e il marito … Durante il pranzo notai che mia figlia sembrava più bella e felice di quando non fosse mai stata negli ultimi mesi. L’aborto in autunno le aveva inferto una brutale delusione, e da allora era sempre rimasta in una condizione di instabilità – aveva coperto la sua tristezza buttandosi troppo nel lavoro, preparando elaborati manicaretti al marito per dimostrare di essere una buona moglie malgrado non fosse riuscita a dargli un figlio, e cogliendo ogni occasione per sfinirsi. Ma quel giorno in giardino nei suoi occhi era tornata la vecchia luce, e anche se di solito in compagnia era riservata fece abbondantemente la sua parte nella conversazione a quattro, parlando con la stessa frequenza degli altri.

A un certo punto … io e mia figlia eravamo da soli. Le diedi un bacio sulla guancia e le dissi che era bellissima; lei rispose al complimento restituendomi il bacio e appoggiando la testa contro la mia spalla. – Sono di nuovo incinta, – mi disse. – Stamattina ho fatto il test, è positivo. C’è un bambino che cresce dentro di me, papà, e stavolta vivrà. Lo prometto. Ti renderò nonno anche se dovessi restare a letto per i prossimi sette mesi. Ancora una volta in meno di settantadue ore gli occhi mi si riempirono inaspettatamente di lacrime…”

Buona lettura!

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Con affetto


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