Pensieri di Donato Catalano sull’esortazione apostolica di Papa Francesco
Dio nella sua infinita bontà ha creato l’Uomo, gli ha infuso un’anima immortale, lo ha collocato in un mondo bellissimo e gliene ha fatto dono.
Quando questo Uomo, essere finito, figlio della Terra, ha aperto gli occhi sul mondo e sulle creature, si è ritrovato ad avere tra le mani anche un inesauribile desiderio di Infinito e l’incredibile regalo della Libertà.
L’uomo, in armonia con il creato e con Dio, era nel Paradiso Terrestre.
Con il peccato originale quell’armonia si è rotta e gli occhi dell’uomo si sono offuscati. Non vede più il creato come un dono da custodire e non può più contemplare Dio, ma conserva ancora i suoi doni. La libertà lo fa agire sulla terra e il desiderio di infinito gli fa alzare gli occhi al cielo.

O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco,
di te ha sete l’anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz’acqua. (Salmo 62,2)
Adamo si era nascosto agli occhi di Dio, per non farsi vedere nudo, ma Dio non si nasconde a chi lo cerca con cuore sincero.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino. (Is 55)
Come dice Papa Francesco nell’enciclica Laudato sii, i racconti della creazione nel libro della Genesi “suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra”.
L’ armonia tra Dio, l’uomo ed il creato, distrutta dal peccato, quando l’uomo ha preteso di prendere il posto di Dio, si è trasformata in un conflitto che si manifesta non solo fuori, ma anche nel cuore dell’uomo che non trova pace. Il rimedio a questo conflitto è condensato in pochissime parole nel vangelo di Matteo.
«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. (Matteo 22,36-39)
Per tornare a contemplare il volto di Dio, ci basta, quindi, rivolgere le nostre cure e attenzioni al prossimo, cioè all’uomo e di riflesso all’ambiente che abbiamo intorno. Per san Francesco questo si realizza cominciando con il fare ciò che ci sembra necessario, poi con ciò che è possibile e poi all’improvviso ci sorprenderemo a fare l’impossibile.
Secondo Giovanni Paolo II il volto di Dio va ricercato nelle creature presenti nell’universo, perché sono le lettere del libro che lo descrive.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio. (Salmo 18 (19)
Si tratta di un libro senza parole o fatto di parole mute che producono in chi le percepisce una continua meraviglia e riverenza. Ogni creatura a noi prossima, animata o inanimata, canta con la sua bellezza una piccola parte dell’infinita bellezza di Dio.
Quando ci si rende conto del riflesso di Dio in tutto ciò che esiste, il cuore sperimenta il desiderio di adorare il Signore per tutte le sue creature e non può fare a meno di innalzare un inno di lode come ha fatto san Francesco nel suo “Laudato sie, mi’ Signore …
“Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore“ (Sap 13, 5)

Papa Francesco nell’enciclica Laudato riconosce che la creazione appartiene all’ordine dell’amore e che la ragione fondamentale, la sorgente ed il motore di tutto il creato è l’amore di Dio e non il caos.
Ogni creatura ha un suo posto ed una funzione nell’universo, proprio come una lettera in un alfabeto cosmico. Ognuna di esse e tutte insieme con la loro armonia riflettono l’immagine del Creatore.
All’uomo buono, che cerca il volto del Signore, compete di custodire, amare e ricondurre con la sua intelligenza ed il suo amore tutte le creature a Dio. Lui è lo scopo finale del creato.
Secondo il Papa, l’uomo di oggi ha smarrito la consapevolezza di essere parte del creato, di avere un’origine ed una strada comune da percorrere con tutte le altre creature. Lo scopo finale del creato, infatti, non è l’uomo, ma attualmente questo è il pensiero dominante.
Oggi il valore di un uomo è proporzionale a quanto consuma e viene indotto a consumare senza ragionare, come se le risorse disponibili fossero infinite e tutte a sua disposizione.
In questa visione le creature perdono quella dignità che deriva dall’atto creatore di Dio e vengono collocate su una scala gerarchica in cui la loro importanza è commisurata al beneficio che l’uomo può trarne.
Il bene comune cessa di esistere e le parole che lo descrivono vengono completamente svuotate di ogni significato. Secondo Benedetto XVI quando si acquista qualcosa si compie un atto morale oltre che economico e non ci si può lasciare travolgere dal vortice degli acquisti e delle spese superflue, se si vuole rispettare il prossimo meno fortunato di noi e l’ambiente che ci ospita.

I cambiamenti indotti nell’ambiente e nel clima dall’azione sconsiderata dell’uomo sul creato sono sotto gli occhi di tutti e Papa Francesco in Laudato sì sprime una forte preoccupazione per il deterioramento e la sorte della casa comune. Considera lo stato del mondo come risultante da un peccato strutturale che colpisce oltre le cose anche le persone.
Per lui un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio e la sua origine va ricercata nell’impostazione dissennata dei nostri modelli di sviluppo: abbiamo lasciato la politica soggiacere all’economia e l’economia alla tecnologia.
Ad ottobre di quest’anno il Papa ha rivolto a noi cristiani un’Esortazione Apostolica con la quale ribadisce l’invito a riconoscere l’urgente necessità di affrontare il cambiamento climatico come una questione di giustizia sociale e a superare il paradigma tecnocratico che ha contribuito al deterioramento ambientale.
Il paradigma tecnocratico, che vede la tecnologia come un mezzo capace di ampliare le capacità umane all’infinito a costo di abusare delle risorse naturali, porta con se, secondo il Papa, un alto rischio per l’umanità, nel caso in cui il potere tecnologico sia dominio solo di pochi con uno scarso senso di responsabilità etica.
Il Papa sottolinea come il profitto a tutti i costi, mascherato da progresso e razionalità, abbia conseguenze deleterie per l’ambiente e la società. Egli mette in discussione anche la “meritocrazia” usata come paravento da pochi per consolidare i loro privilegi nel caso in cui non ci sia a monte una reale uguaglianza di opportunità per tutti.
Il Papa chiede ad ogni uomo, ma anche agli Stati, di superare la logica dell’apparire sensibili ai problemi ambientali e sociali e allo stesso tempo del rimanere inerti, perché non si ha il coraggio di fare la propria parte per effettuare cambiamenti concreti e sostanziali.
È convinto che non ci possono essere cambiamenti duraturi senza cambiare le persone dall’interno.
I cambiamenti veri, secondo lui, infatti, cominciano con l’educazione ricevuta in famiglia, dove si impara ad apprezzare il valore delle cose, a ringraziare per i doni ricevuti, a chiedere permesso per ottenere e a non pretendere con prepotenza, a dirsi grazie reciprocamente, a dominare l’aggressività e l’avidità, a chiedere scusa ed a pregare insieme. Questi piccoli gesti di sincera cortesia sono le radici di una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda, di un nuovo paradigma che propone la sobrietà come valore universale, che deve crescere e svilupparsi in ogni ambito della società, di una presa di coscienza che “lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo solo noi stessi” cioè quando ancora oggi rifacciamo il peccato originale dei nostri progenitori, invece di amare e lodare Dio con tutto il nostro cuore.

Per amare Dio, come propone il Papa, basta un passo dopo l’altro sulla piccola via dell’amore di santa Teresa di Lisieux.
Ognuno può cambiare il mondo se non perde l’opportunità di dire una parola gentile, di sorridere, di regalare piccoli gesti che seminano pace ed amicizia. Ognuno può essere ecologista, se con semplici azioni quotidiane spezza la logica della violenza, dello sfruttamento e dell’egoismo.
Non tutti, infatti, siamo chiamati a lavorare in politica, ma se, oltre che da soli, lavoriamo in associazione per il bene comune, possiamo far nascere, secondo Papa Francesco, un nuovo tessuto sociale che prima risponde ad esigenze locali, poi contribuisce a liberare la società dall’indifferenza consumistica ed alla fine regala un’esperienza spirituale inimmaginabile in cui si incontra Dio.
“Quando qualcuno riconosce la vocazione di Dio a intervenire insieme con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ricordare che ciò fa parte della sua spiritualità, che è esercizio della carità, e che in tal modo matura e si santifica”.
E poi, è chiaro che la questione è sempre la stessa: ci sono interessi di parte da salvaguardare e quindi si chiudono gli occhi su quello che sarebbe giusto fare o decidere. Vale per la maggior parte delle persone.
Del resto diventa impegnativo, affaticante prendere posizione, fare qualcosina, interessarsi… Meglio starsene in disparte, a guardare la tv, ma non i dossier di giornalismo serio, bensì talk show o programmi d’evasione. Per quanto riguarda l’economia quel che conta è vendere e guadagnare anche oltre il dovuto. Per quanto riguarda la politica quel che conta è dato dai like, dai sondaggi…
La vera questione al centro non è il Paese, ma è diventata la competizione tra leader, per la conquista dei sondaggi (potere)…, al punto da mettere in piazza le questioni private o coniugali…
Le due preghiere che alleghiamo assieme a questo numero di Novità in Lettera chiudono l’Enciclica Laudato si’. Sono come due facce di una stessa medaglia. La prima condivisibile con tutti quelli che credono in un Dio creatore onnipotente e l’altra con tutti i cristiani.


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