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intervista a Paolo Rudella a cura di Gianni Faccin

Paolo, raccontaci di te!

Sono sposato con Gianna e ho due figli grandi, Alessandro e Sofia, che ormai vivono da tempo in modo indipendente. Attualmente gestisco un negozio di cartolibreria, presiedo una società sportiva e sono coinvolto in un paio di associazioni che si occupano di solidarietà e cultura, di cui una è il GSM San Giorgio, come componente del direttivo. In passato ho svolto un’attività commerciale che mi ha portato (moltissimo) in giro per l’Italia. Girare il nostro Paese, e conoscere le persone fuori dai momenti turistici, è bellissimo e, ti assicuro, non ho trovato nessun luogo che non mi sia piaciuto, o persona che non abbia apprezzato. Sono stato anche impegnato in politica, sia come attivista che come amministratore, ed anche questa è stata una gran bella esperienza.

Dalla politica al volontariato, si può dire che il passo è breve?

Sì … il passo è molto breve. Dopotutto la politica fatta per servizio è uguale al volontariato. Basta uscire con quello con cui sei entrato … dal punto di vista materiale. Ti rimane però un bagaglio di esperienze e conoscenze che difficilmente potresti avere osservando da fuori. Oggi, purtroppo, sento troppi giudizi semplicistici. La società è un organismo complesso e non ci sono soluzioni facili alle questioni che pone. La bella politica è incontro, è mediazione fra aspettative diverse, ma conoscendo e approfondendo i temi. Come mai quando ci si confronta dopo aver studiato gli argomenti una soluzione si riesce sempre a trovarla? Come mai invece quando ci si ispira ai post di Facebook si alzano i muri?

Paolo, qual’è la più bella esperienza che hai fatto?

Indubbiamente una scuola realizzata nella foresta Amazzonica. Un’esperienza esaltante, partita dal nulla e trasformatasi un po’ alla volta in un fiume di aiuti, di condivisioni e di amicizie. Mi riferisco alla “Scuola degli Angeli” che abbiamo edificato nel villaggio di Los Angeles in Perù, assieme alle suore peruviane che erano a Santa Croce di Schio. Una di loro, suor Rita Mondragon, veniva dalla regione di Bagua Grande, nell’Amazzonia peruviana. Nel suo villaggio c’era una scuola che serviva bambini che facevano anche due/tre ore di strada ogni giorno per raggiungerla. 

Si sa che il Perù è una terra di grandi terremoti e di forti inondazioni durante la stagione delle piogge, così che la scuola era molto danneggiata. Una sera, a cena con un altro paio di amici, suor Rita ci butta lì la possibilità di raccogliere qualche soldo per dare una mano alla scuola. Ovviamente diciamo di sì, e cominciamo a parlarne in giro. 

Alla fine abbiamo raccolto quasi 80.000 euro e si è potuto realizzare la nuova scuola che vedete nelle foto. Indubbiamente bello quello che siamo riusciti a fare, ma quello che ci rimarrà sempre dentro è il “come”, conoscendo tantissime persone che ci hanno dimostrato quanto nobile può dimostrarsi l’essere umano quando fa le cose col cuore e senza pensare al tornaconto. Pensa che la spinta maggiore ce l’ha data Valentino Rossi, pluricampione di moto, donandoci un suo casco di gara, che abbiamo messo come primo premio di una lotteria da cui è venuto il più grosso contributo per ultimare la scuola.

Poi è stato indimenticabile andare all’inaugurazione, conoscere gli amici peruviani, calarci in una realtà assolutamente inimmaginabile per noi. Un villaggio con capanne di terra secca impastata con paglia, che non aveva né acqua, né luce, ma che aveva deciso che, prima di questi due servizi basilari, veniva l’educazione dei loro figli.

È proprio vero. “Chi meno ha, più dà”. In Perù l’ho toccato con mano e questo è stato il regalo più grande che ho ricevuto.

Ma ci saranno state anche difficoltà? Dopotutto … così lontano …

Certo, ce ne sono state tantissime, ma, se mi credi, a qualche anno di distanza non me ne ricordo nemmeno una, e rimane solo la piacevolissima sensazione di aver vissuto momenti unici e irripetibili. Momenti che danno senso alla vita.

E oggi … hai altri progetti?

Sinceramente non lo so. Sono in una fase in cui forse non ha più di tanto senso programmare. Però una cosa che, prima che la «vecchiaia» prenda il sopravvento, mi piacerebbe tanto è un viaggio lento … molto lento, facendo pochi chilometri al giorno, soffermandosi con le persone e conoscendo i posti che attraversi. Non occorre andare tanto lontano per trovare belle cose, basta guardare con un po’ più di attenzione.

Sì, questo mi piacerebbe proprio.

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Con affetto