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Presa di consapevolezza con brevi riflessioni e dialogo simulato con il prof. Stefano Zamagni, a cura di Gianni Faccin

Parte prima

Si è affermato e si sta diffondendo il nuovo leaderismo che, nel momento in cui scriviamo (marzo 2025) si esprime in tutte le sue contraddizioni.

Ebbene sì, il nuovo leaderismo si è affermato, e non è una notizia di oggi. Anzi, forse su questo aspetto si è approfondito poco a tutti i livelli. È un vero fenomeno che dal basso verso l’alto (e viceversa) sta compiendo il suo letale sviluppo. Proponiamo alcune riflessioni e un “dialogo simulato” perché forse è opportuno che non siamo indifferenti rispetto a quello che è successo e che tutti abbiamo visto, ma che di fronte a cui forse è il caso che non restiamo indifferenti o semplici spettatori.

Forse poco possiamo fare, ma mantenere la testa sotto la sabbia non è salutare. Fidiamoci!

Quando un leader vince, in quanto “cavallo vincente”, subito vede aumentare i suoi punti di preferenza. Ma non è detto che duri e – soprattutto – che aumenti la felicità delle persone “governate”, vicine e lontane. In certi casi, la vittoria di un leader può portare a conseguenze importanti positive, ma anche molto negative, per tutto il pianeta e non soltanto per il suo partito e la sua nazione soprattutto nel caso dei cosiddetti “grandi della terra”. E allora in questa circostanza c’è da chiedersi: quali sono le conseguenze positive?

Un esempio è la “pace”. La pace è la priorità tra i popoli, bene, ma è giusta una pace che schiavizzi un popolo? O parlare di pace è soltanto uno slogan?

Che un “tycoon”, circondato da altri soci miliardari, sia per i prossimi anni presidente di una grande nazione e abbia dichiarato e stia lavorando per dare fine ad alcune guerre può fare piacere a certi pacifisti e a una buona parte del mondo cattolico, anche italiano, in quanto “c’è il ripudio della guerra”, ma che questa semplice enunciazione sia la motivazione chiave significa semplicemente accettare le versioni tutt’altro che veritiere e le scelte del più forte e del più grande. E colui che vuol fare l’americano, per come si è esposto, è bene accompagnato dal cinese e dal russo. Il vero problema è che non c’è l’europeo.

Del resto c’è una precisazione da fare: oggi i dittatori escono da competizioni democratiche effettive, nel senso che non compiono un colpo di stato ma usano (tutte) le leve del potere disponibili comunque a loro piacimento per l’interesse di pochi e camminando sulla schiena di persone, popoli e nazioni. Non tanto e solo calpestando principi e diritti universalmente sanciti. Troppo scontato dichiarare di aver ricevuto la nomina da Dio o un mandato forte dal popolo. 

Dice bene una definizione della Oxford L.: Leaderismo è l’avocazione a sé di una posizione chiave nel potere o nel prestigio. Il difetto europeo è stato finora, e temo lo sarà nei prossimi tempi, quello di arrivare agli appuntamenti importanti sempre dopo, senza una visione unitaria.

Visione unitaria? Ma quando mai …

Sarà la numerosità dei membri, saranno i protocolli interni, sarà l’assenza di sano leaderismo, sarà che non c’è una visione lunga e comune, e sarà il masochismo degli europei, anche gli italiani tra i più bravi, ma con l’avvento dei leader “trusk” ogni approccio democratico come lo conosciamo e come l’avrebbe voluto l’Europa non ha spazio e quindi, temo, non ha futuro.

È veramente cambiato tutto. Ed è opportuno che ci pensiamo su, tutti. E che ci prepariamo.

Ma torniamo all’approccio, anzi, al fenomeno “trusk”, come lo definisce l’economista Stefano Zamagni (*).

Redazione: Cos’è “trusk”?

Zamagni: È un fenomeno (Trump + Musk) e non è un fulmine a ciel sereno …

R.: Si spieghi meglio

Z.: Sono i nuovi padroni che hanno un obiettivo preciso: usare le proprie enormi risorse finanziarie per rivendicare il diritto a comandare (senza limiti). E qui si apre la minaccia alla nostra democrazia.

R.: Perché i super ricchi minacciano la nostra democrazia?

Z.: Il discorso si farebbe lungo, ma lo accenno. In questa sede. Nel corso dell’ultimo trentennio si è andata affermando, a partire dalla California, una duplice presa di posizione, tra i segmenti molto alti della scala sociale, nei confronti del modello di ordine sociale verso cui tendere nel mondo occidentale. Per un verso, quella di patriotic millionaires e per l’altro verso quella dei woke capitalists

Si tratta di soggetti appartenenti alla categoria dei super ricchi. Il motto dei primi è: “In tax we trust”. Costoro chiedono ai governi di accrescere la pressione fiscale a loro carico (fino al 60% dei redditi conseguiti) per provvedere a quanto serve per finanziare il welfare a condizione di essere “lasciati in pace” nella loro attività. Non v’è bisogno di essere più espliciti al riguardo. Infatti, troviamo traccia (**) da noi grazie a una nota discendente della famiglia Marzotto e prima firmataria dell’appello dei Patriotic Millionaires, per capirne di più.

R.: E i secondi?

Z.: Diversa, invece, la proposta avanzata dai secondi, detti woke capitalists. La loro considerazione è che, poiché la politica democratica non è più in grado di assecondare le aspettative di benessere dei cittadini e poiché gli enti di Terzo Settore non hanno la forza, pur avendone la volontà, di provvedere alla bisogna, ricchi e super ricchi devono farsi carico di sostituire lo Stato nell’assolvimento dei suoi compiti nell’area del welfare, a patto di non venire gravati da un’imposizione fiscale sul reddito superiore al 15%.

Peter Theil, miliardario digitale di PayPal e Polantir, dettò nel 2009 il “Manifesto Politico della Sylicon Valley Oligarchica” in cui si legge, fra l’altro: «Non credo che libertà e democrazia siano tra loro compatibili perché i sussidi e l’assistenza ai poveri, il voto alle donne (sic!) e ai gruppi ostili alle idee libertarie, rendono impossibile la democrazia capitalista». E più avanti: «La Rivoluzione francese è ormai obsoleta. Perché la Rivoluzione tecnologica trionfi serve una oligarchia, dove maschi, bianchi, imprenditori coordinano la vita dei sudditi consumatori, senza burocrazie di sorta».

R.: Chiaro, ci sono altri esempi a supporto di tutto ciò?

Z.: Sì certo, si pensi al Claremont Institute, ente che raggruppa capitalisti woke, un gruppo che include persone come J. D. Vance, – attuale vice presidente degli USA – C. Yarwin, D. Sacks e, più recentemente E. Musk.. Mai si dimentichi, che la magnificenza non è la stessa cosa della munificenza. La prima significa trasformare la ricchezza privata in beneficio pubblico allo scopo di rivendicare il proprio onore e il diritto a governare. (Cosimo de’ Medici salvò bensì Firenze dalla bancarotta, ma se la comprò!). La seconda, invece, rinvia al concetto di dono come gratuità.

Munificenza …. Potrà ancora essere?

(la seconda parte nel prossimo numero)

Fonti:

Interviste a Stefano Zamagni in Vita Pastorale 03/25 e in Avvenire 7 febbraio 2025

Note:

(*) Stefano Zamagni, economista e scrittore, ex presidente dell’Agenzia per il Terzo settore. Nel periodo 2019- 2023 è stato presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali.

(**) Vedi fonti citate. Qui si fa riferimento all’intervista di Giorgiana Notarbartolo su Avvenire del 23 maggio 2024, discendente della famiglia Marzotto e prima firmataria dell’appello dei Patriotic Millionaires, per una sintetica ma efficace esposizione della filosofia che guida l’azione dei 260 soggetti sottoscrittori dell’appello.

La seconda parte della nostra riflessione verrà pubblicata nella nostra prossima Novità in Lettera. Per iscriverti alla nostra newsletter, manda una mail a info@gsmsangiorgio.org, oppure clicca QUI.

Con affetto


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