
Presa di consapevolezza con brevi riflessioni e dialogo simulato con il prof. Stefano Zamagni, a cura di Gianni Faccin
Parte seconda
Dalla munificenza alla magnificenza … Riprendo dalle conclusioni del nostro precedente pezzo (vedi NiL 231). È questo che sta avvenendo. Ricordiamo che munificenza richiama generosità e liberalità, mentre magnificenza è anche “ostentazione di grandiosità e di grande lusso”. E, oggi, non sono più solo aspetti o atteggiamenti marginali, ma riflettono scelte e visioni di vita ben precise.
L’andamento che si evidenzia ormai in forma globale, spesso anche locale, vede sempre di più un approccio che strizza l’occhio al famoso detto “il fine giustifica i mezzi”.
Redazione: Ci sono fatti importanti che confermano questa tendenza?
Zamagni: Tanti sono ormai gli episodi che la confermano. Si pensi alle fondazioni d’impresa e alla nuova filantropia, al marketing sociale e così via. L’idea è quella di stimolare la filantropia a diventare strategica, anziché reattiva, canalizzando le risorse in modo professionale verso progettualità che siano sinergiche con le imprese stesse e con la Pubblica Amministrazione. Va da sé che non ci si interroga sui modi, cioè sul come la ricchezza viene ottenuta dai grandi filantropi, perché, appunto, il fine giustifica i mezzi – anche se non si ha il coraggio di ammetterlo.
R.: E la democrazia?
Z.: Beh, è facile comprendere quale sarebbe l’esito sul fronte della democrazia – propriamente intesa come governo del popolo, con il popolo, per il popolo – qualora tendenze del genere venissero a consolidarsi e a diffondersi.
R.: Come del resto sta avvenendo …
Z.: Già. E se ne vedono i segni premonitori.
R.: Per esempio?
Z.: La ritirata degli investimenti sostenibili annunciata da Larry Fink, il patron di Black Rock (il fondo che amministra un patrimonio che vale sei volte il Pil italiano!); la fuga di Meta (Facebook, Instagram, Thread) dalle politiche a favore dell’inclusione e della difesa delle diversità; la dichiarazione di inizio anno di Peter Thiel rilasciata al Financial Times, secondo cui grazie all’arrivo di Trump alla Casa Bianca saranno svelati “i segreti dell’ancien regime.”
La Federal Reserve già si è ritirata dalla Rete delle Banche Centrali e delle Autorità di Vigilanza per rendere più “verde” il sistema finanziario. La decisione della Federal Reserve giunge dopo quella analoga delle grandi banche di Wall Street (Goldman Sachs, Wells Gargo, Citi, Bank of America, Morgan Stanley e J.P. Morgan). Per i capitalisti woke è giunto finalmente il momento in cui verranno diffuse “verità alternative”, mediante la eliminazione del fact checking professionale sulle principali piattaforme al fine di “combattere la censura”. Non solo, ma un Trattato ONU, firmato anche dagli USA, dichiara lo spazio extra-atmosferico patrimonio dell’umanità. Ora è violato dal monopolio di Musk con i suoi attuali 7.000 satelliti.
È sufficiente?
R.: E le nuove generazioni, ci sono segnali di vita?
Z.: Desta tanta preoccupazione, per chi considera la democrazia un valore irrinunciabile, l’esito della recente ricerca svolta dalla società di consulenza inglese Fgs Global (che sarà pubblicata a fine gennaio) da cui si trae che il 21% dei Millenial e della Gen. Z preferirebbero un sistema politico basato su un leader forte anziché sul tradizionale modello democratico. Quanto a dire che in Uk un giovane su cinque non crede più alla democrazia (A livello dell’intera popolazione, la scelta autoritaria incontra il favore del 14% degli inglesi).
Il fatto è che la democrazia non può reggere all’attuale concentrato di potere politico, economico e tecnologico nelle mani di pochi soggetti. Il nuovo capitalismo non ha più bisogno della democrazia liberale – come è stato fino a mezzo secolo fa – per continuare ad accumulare profitto. E il grande rischio è che le imprese si allineino al nuovo spirito dei tempi anche nella sostenibilità. In altro modo, il vero rischio è che le imprese che si riconoscono nel capitalismo woke si fanno Stato, mettendo una gerarchia privata (l’impresa) a fare cose di interesse pubblico. È questa la de-democratizzazione della democrazia.
R.: Ne deriviamo che la democrazia si avvia a chiudere. O ci sono altre possibilità?
Z.: Non è detto, ma occorrono più coraggio e presenza nel dibattito pubblico soprattutto da parte di chi studia e si interessa dei temi socio-economici in modo libero e autonomo. Un segno di speranza viene dalla decisione di circa sessanta istituzioni accademiche e di ricerca tedesche dell’Assia di abbandonare la piattaforma social X (ex Twitter). La motivazione è l’incompatibilità tra i valori fondamentali delle istituzioni accademiche e il nuovo orientamento imposto da Musk alla piattaforma, il cui algoritmo è orientato alla disinformazione e soprattutto alla manipolazione delle menti.
Ecco, dunque, una battaglia che il mondo cattolico, ma non solo, dovrebbe ingaggiare. Come otto secoli fa si riuscì in Gran Bretagna ad introdurre il diritto all’habeas corpus – di cui conosciamo il grande impatto positivo – occorre oggi battersi per vedere affermato l’habeas mentem, introducendo nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il diritto a non subire manipolazioni della mente, come la mole crescente di fake truths (da non confondere con le fake news) va facendo.
R.: E dal punto di vista di chi si ritiene cristiano?
Z.: Il cristiano, se non vuol tradire la propria sorgente, non può accettare che questo avvenga.
(fine)
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Fonti e note
Interviste a Stefano Zamagni in Vita Pastorale 03/25 e in Avvenire 7 febbraio 2025.
Stefano Zamagni, economista e scrittore, ex presidente dell’Agenzia per il Terzo settore. Nel periodo 2019- 2023 è stato presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali.
Treccani.it

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