
Ciao, Annerino. Iniziamo intanto col conoscerci. Ti va di presentarti?
Con piacere. Come anticipato, mi chiamo Annerino, il mio cognome è Franzan. Sono un ragazzo di 27 anni che ha sempre riempito il suo tempo con molte attività di vario genere, tra le quali c’è sempre stato posto per un po’ di volontariato. Anche ora che per ragioni lavorative mi trovo in una regione diversa dal Veneto, sto portando avanti da remoto alcuni progetti che riprenderò meglio in mano quando tornerò a vivere nell’area.
A livello professionale sono un Neuropsicomotricista (ergo mi occupo della pianificazione e dello svolgimento dell’iter abilitativo/riabilitativo di bambini in condizione di fragilità e/o disabilità) ed un rider. Per il resto seguo le mie passioni come dovrebbe fare qualunque persona; viaggiando, uscendo col proprio ragazzo o gli amici, scrivendo, facendo sport (sono un arbitro di calcio tra le varie cose). Nulla di speciale, insomma. Diciamo che mi piace sia dedicare del tempo a me stesso che dedicarne agli altri.
Hai parlato di progetti nell’area? Ti va di essere più specifico?
Non aspettavo altro. Beh, fino alla mia uscita dalla regione ero il vicepresidente del gruppo donatori di sangue del mio comune, Marano Vicentino. Ora per esigenze pratiche sono stato vicariato, ma rimango nel consiglio direttivo. Anche se raramente posso partecipare ai vari gazebi che si organizzano per trovare nuovi donatori (così come ai momenti aggregativi) mi sto dando da fare gestendo la sfera social del gruppo, piuttosto che rinnovando la documentazione, effettuando telefonate ai donatori e svolgendo insomma tutti quei ruoli che non vengono inficiati dalla distanza fisica. Mal digerisco quando qualcuno abbandona tutto solo perché magari cambia paese spostandosi a pochi chilometri di distanza. Se ad un progetto si tiene, si va avanti stanti le difficoltà. Non importa che sia semplice, importa che ne valga la pena.

Poi a Marano abbiamo un gruppo di lavoro che si chiama PET (o, per esteso, Tavolo del Patto Educativo Territoriale), del quale faccio parte da tempo. Questo patto, nato nel 2016, è un accordo tra cittadini che elenca i punti cardine per mirare a rendere quella di Marano una comunità educante. Ogni anno si svolgono dei progetti più o meno articolati che coinvolgono la comunità in modo trasversale per estrazione e fascia d’età. Alcuni di questi progetti, tra i quali uno sulla “Comunicazione Non Ostile”, sono stati premiati a livello nazionale per la loro riconosciuta valenza. Il tavolo del PET è il gruppo di lavoro che organizza queste attività.
Complimenti! Difatti sappiamo che alcuni paesi si stanno ispirando al vostro modello. Mi sorge una curiosità: e la Chiesa? Non ci sono attività che hai fatto, fai o pensi di fare anche legate, non so, alla tua Parrocchia?
Certo. Io ho sempre svolto molte attività nella mia Parrocchia (Santa Maria Annunziata). Per anni sono stato animatore presso il centro giovanile e membro del coro che anima tuttora la Messa ogni domenica sera, dopodiché ad un certo punto ho dovuto smettere avendo iniziato a lavorare su turni. Ma alla fine la vita è fatta di scelte. Sono entrato poi a far parte del comitato organizzativo della Festa della Comunità e del comitato di Redazione del Messaggio, l’editoriale che viene distribuito in tutte le case in Quaresima ed Avvento; per alcuni periodi ho collaborato nel Consiglio Pastorale ed ho redatto il foglietto degli avvisi settimanali, ad esempio.
Ora sto mantenendo solo una piccola parte di questi incarichi, un po’ per la distanza ed anche perché sto iniziando a dedicare del tempo alla Parrocchia del Comune dove abito attualmente, in Puglia, per ricambiare dell’ospitalità ricevuta in paese. Fare volontariato in una realtà di provincia del sud mette ulteriormente alla prova il proprio spirito di adattamento, per quanto il mio sia un bellissimo paese e relativamente attrezzato.
Quindi: attività in Parrocchia ed attività sociali “laiche”, diciamo così. Come si combinano le due cose? Per te la Fede è importante in un volontario?
Sinceramente io non do molta importanza al fattore “Fede”. Io credo nella Chiesa e mi piacciono le varie celebrazioni, soprattutto per la valenza sociale ed emotiva che riescono ad avere sulle persone, ma sono convinto che se una persona si sente motivata nel fare qualcosa per gli altri, questo dovrebbe essere sempre ben accetto per la società/comunità, a prescindere dalle motivazioni che la spingano ad agire.
A me solitamente basta sapere che fare volontariato mi fa stare bene. Se uno invece ha la sua motivazione nel fare volontariato nel fatto di voler compiacere il divino, ben venga, purché non “violenti” sé stesso. Mi spiego: conosco persone che non gradiscono fare volontariato, anzi lo giudicano una perdita di tempo se non di risorse. Ma lo fanno per essere visti bene dagli altri o perché vogliono ingraziarsi Dio. Ritengo che dovrebbero pensare bene a quali siano le loro priorità.
Per me, se un’attività che faccio funziona bene, mi fa stare sereno e vedo che anche gli altri lo sono, so che sono sulla strada giusta. E ciò mi è sufficiente. Alla fine tutti desideriamo essere felici e se non siamo portati per una cosa credo che non dovremmo farla, piuttosto che farla male. Chi non si sente portato per il volontariato, meglio che si concentri, ad esempio, nel far star bene la sua famiglia, i suoi amici, ecc. che è altrettanto importante.
Credi sia difficile essere volontario oggi? Come definiresti il volontario con una sola parola?
Io penso che essere volontari oggi richieda una quantità non indifferente di resilienza ed autoironia.
Da alcuni si viene quasi idolatrati e ringraziati ad ogni piè sospinto, come fossimo eroi. Altri invece danno tutto per dovuto e pretendono di trovare nel ragazzo volontario la stessa competenza di un professionista, pertanto criticano qualsiasi piccola mancanza. Ci sono poi persone che ti aprirebbero le porte del cuore e di casa solo perché sei un volontario, come se un volontario fosse per forza sempre una brava persona meritevole di fiducia. Altre, invece, ti considerano un perdigiorno ed uno stolto perché fai altro anziché pensare a guadagnare. Conosco personalmente molte persone disoccupate o con risorse limitate che quando fanno qualcosa per gli altri sono più contente di altri più abbienti. Forse perché si sentono maggiormente gratificati in quello che fanno e perché vivono con più empatia il rapporto con i destinatari delle attività. Io ho fatto spesso attività di volontariato assieme a ragazzi disabili o che stavano cercando di guarire da qualche dipendenza, ed è stato bellissimo vedere come volessero darsi da fare. Spesso chi meno ha, più dà.
Al di là di questi aneddoti, essere volontario ti può permette di conoscere molte persone meravigliose, interessanti; di prendere parte a progetti in luoghi in cui mai avresti pensato di trovarti; di conoscere meglio come funziona il mondo che ti circonda, nelle sfumature più e meno belle; di apprendere nuove abilità, di metterti in gioco (io attraverso il volontariato ho superato la mia introversione che mi portavo dietro da sempre) e di conoscere meglio me stesso; talvolta anche di scoprire passioni e vocazioni. Io non so definire il volontario, ma voglio dire come secondo me dovrebbe essere: “spugna”. Una spugna che dove passa assorbe, cresce e che non può fare altrimenti.