DEMOCRAZIA, DAVVERO?

Spunti di riflessione per Librarsi Liberi e dialogo simulato con Vito Mancuso a cura di Gianni Faccin con riferimento al suo pezzo dal titolo Democrazia
Fino ad oggi, non abbiamo adeguatamente informato che Librarsi Liberi si è recentemente strutturato come libroteca specializzata, ma anche come rivisteria. Ne parleremo in altra occasione.
Ecco che in questa uscita ci riferiremo al n. 3/2022 della rivista Pandora, tra i titoli di Librarsi Liberi, che presenta circa 40 contributi sul tema “democrazia”. Tra questi abbiamo scelto un pezzo di Vito Mancuso. Allo stesso colleghiamo spunti dal suo libro Non ti manchi mai la gioia (Garzanti 2023).
Con l’inizio del corrente anno dalla alta numerazione (2025) e, se ci pensiamo bene, altisonante, qualcuno si è posto la domanda di “quale idea di democrazia abbia la nostra Presidente del Consiglio”, e a me, in prima battuta era parso una domanda quasi superflua.
In verità comincia ad essere una domanda chiave dal momento che di recente la stessa Presidente del Consiglio ha dichiarato ufficialmente di fronte alla stampa che il titolare di X “non sia un pericolo per la democrazia”. In verità la questione non è più solo tutta italiana, ma è divenuta un intrigo internazionale, ricordando il titolo di un vecchio e celebre film.
Infatti, nel momento in cui scriviamo (marzo 2025), ci rendiamo conto, a guardare con attenzione, che il tema citato non sia un problema locale o nazionale. Quanto sta avvenendo, o è già avvenuto pubblicamente a livello internazionale, parrebbe voler porre una pietra sopra ai sistemi democratici esaltando la cosiddetta “autocrazia”.
Ma possiamo essere d’accordo? Possiamo starcene tranquilli?
Anche in questa circostanza appare chiaro come un bagno adeguato nelle “istituzioni di diritto pubblico” farebbe bene a tanti nostri rappresentanti politici e non soltanto a loro.
E forse lo stesso significato di parole come “politica” e “democrazia” andrebbero meglio approfondite, ipotizzando, senza dare più nulla per scontato, uno stato di grazia per i nostri rappresentanti che il tutto sia avvenuto e avvenga in “buona fede” …
Guardiamo alle parole.
Dando loro un peso, autocrazia significa (fonte Treccani): Sistema di governo dello Stato assoluto, in cui il sovrano o autocrate ricava la propria autorità da sé stesso o dal diritto divino. L’autocrazia trovò la sua espressione più completa nella Russia zarista; e democrazia significa (stessa fonte): Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico.
Concetti tra loro ben diversi, o no?
Nelle sue considerazioni (pag. 168 e seguenti) Mancuso approfondisce il senso dello spirito per poi collegare la questione “democrazia” alla situazione spirituale del nostro tempo.

Redazione: Come si può descrivere l’attuale situazione spirituale?
Mancuso: Alcune parole per descriverla sono disorientamento, incertezza, accentramento su di sé, incapacità di uscire da sé. Il selfie: non si guardano i monumenti o i quadri, si guarda se stessi di fronte al monumento o al quadro. Ci si dispone di fronte al capolavoro e invece di guardarlo e di perdersi dentro di esso, di dimenticarsi, si scatta una foto di sé e l’unica cosa che conta è poter dire a sé stessi e al mondo che si era lì. Quel che conta è il palcoscenico per far risaltare l’ego, mentre il compito dell’arte e della natura è il contrario, è di farci dimenticare di noi, per poi farci ritrovare a un altro livello …
R.: Sembrerebbe la liberazione del sé …
M.: Al contrario, in questo tempo assistiamo a un costante imprigionamento del sé. Si pensi alla pubblicità, che consiste in un continuo coccolare il soggetto, dicendogli di tutto per portarlo all’acquisto. Si pensi ad un certo tipo di intendere e praticare, la democrazia uno vale uno, che non è per niente vero: uno è 10.000, lo diceva già Eraclito, a un certo di politica populistica, a un certo tipo di pubblicità, a un certo tipo di industria.
R.: Una sconfitta per lo spirito …
M.: Meglio, lo spirito è prigioniero. In pratica, oggi lo spirito langue, siamo schiavi dell’eterno ritorno dell’uguale e l’ego diventa sempre più grasso. Tutti, giovani e anziani. Sono venuti a mancare tutta una serie di punti ideali, che un tempo avevano la funzione di calamita.
R.: E quindi valori come la democrazia cedono il passo?
M.: Il discorso è complesso. La democrazia è il metodo migliore escogitato lungo la storia per garantire la convivenza civile, un metodo per noi giustamente quasi sacro (…). La democrazia però da qualche tempo è progressivamente degenerata in populismo e continuando di questo passo si avvia a trasformarsi in oclocrazia.

R.: Sarebbe a dire?
M.: Per dire “popolo” il greco antico ha quattro termini: laós, éthnos, dêmos, óchlos. Il primo, laós, indica il popolo in senso generico, da qui vengono il sostantivo “laicità” e l’aggettivo “laico”. Il secondo, éthnos, indica un popolo in quanto nazione e concepito come nella sua differenza rispetto ad altri popoli, e da qui vengono il sostantivo “etnia” e l’aggettivo “etnico”. Il terzo, dêmos, designa anzitutto il territorio e poi la gente che vi risiede, quindi la popolazione ordinata in assemblea e dotata di coscienza politica.
Il quarto termine, óchlos, è la massa, il volgo, non la plebe (termine che non ha nulla di negativo e che anzi, quando è dêmos rappresenta la forza più preziosa di uno Stato) ma la plebaglia, la folla rozza e spesso violenta a cui interessa solo ciò che i romani chiamavano panem et circenses: “pane” per tenere a bada la pancia e “giochi del circo” e spettacoli vari per tenere a bada la psiche. Ciò di cui l’óchlos si nutre si chiama populismo e il suo esito è quasi sempre la tirannide, come insegna la dottrina dei cicli costituzionali, detta anche anaciclosi, formulata da Platone, schematizzata da Polibio, ripresa da Cicerone e poi da Machiavelli nel rinascimento.

R.: Da noi che sta succedendo?
M.: La democrazia, non solo in Italia, si avvia a essere oclocrazia, forse in buona parte lo è già.
R.: E quindi?
M.: Da qui scatta la trappola con la sua logica implacabile: noi non possiamo fare a meno della democrazia, ma non possiamo neppure continuare con questa democrazia che forse presto non sarà più tale, che forse già adesso non lo è più, perché il dêmos sta scomparendo e al suo posto arriva l’óchlos, una massa di gente sempre più lontana dalla cultura e sempre più fiera della propria ignoranza.
R.: E la nostra tradizione democratica?
M.: Questa democrazia tanto amata, per la quale molti hanno lottato e non pochi hanno dato la vita (rileggo spesso, commuovendomi ogni volta, le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana), questa democrazia produce quotidianamente uno sfascio da cui emerge in triste assonanza la nera ombra del fascio.

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Con affetto
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