di Paolo Rudella
Pongo a voi, persone sensibili ai temi sociali e del volontariato, alcune personali riflessioni sul ruolo che molte associazioni, che preferirei chiamare “comunità”, dovranno assumere in una società che le vede sempre più percepite come fornitori di servizi piuttosto che come gruppi di condivisione di valori.
Lo faccio da un osservatorio particolare, che è quello delle società sportive, nel mio ruolo di presidente di Novatletica Città di Schio.

Quali sono le motivazioni che portano molte società a costituirsi? La passione per un certo tipo di sport; la convinzione di far crescere, attraverso lo sport, persone sane nel corpo e nella mente; la necessità di togliere ragazzi/e dalla strada; la speranza di far crescere qualche campioncino/a … e molte altre ancora.
Ultimamente però, e in questo l’esperienza del Covid ha accelerato il cambiamento, avverto un preoccupante disgregamento di queste “comunità”, constatando che i SOCI (fruitori) si sentono sempre meno coinvolti nella vita della società, e la considerano solo per il servizio che offre.
Lo vedi quando i genitori scaricano bambini di sei anni fuori dal cancello e ripartono prima che il bambino/a entri, o quando sono solo “sempre i soliti” a dare disponibilità per portare i figli a gareggiare, o quando di fronte a immancabili, seppur piccole, disfunzioni, si assumono comportamenti tipici di clienti di attività commerciali.
Il massimo però si raggiunge nelle assemblee sociali, dove la partecipazione è bassissima, se non limitata quasi ai soli organismi direttivi e al personale operativo.
Questa è una china che non può portare a nulla di buono, poiché se la base sociale di queste “comunità” si stacca dal vertice, se non gli interessa più esercitare un controllo su di esso, se non vuol vedere la “fotografia” della realtà sociale che anche l’asettica lettura di un bilancio può esprimere, le conseguenze saranno inevitabili, e porteranno le società a trasformarsi in “piccole SRL”, con lievitazione dei propri oneri (perchè perdono benefici fiscali) ed aumento dei costi per gli utenti, che, a questo punto, saranno diventati dei semplici CLIENTI.
È una deriva che bisogna contrastare, dando corso ad iniziative che ri-creino il senso di “comunità”, e che coinvolgano tutti gli attori che ne vogliano far parte, a partire dai genitori, che spesso non vengono valorizzati, quando li sappiamo essere una notevole fonte di buone opportunità.
L’anno scorso, all’interno del progetto “Irretiamo il Covid”, Novatletica Città di Schio ha beneficiato di un’iniziativa, “Testimonial di Vita Sana”, che voleva rendere consapevole un gruppo di atleti agonisti di quanto fosse importante, per ottenere dei buoni risultati, curate tutti gli aspetti della persona, da quello fisico al nutrizionale, da quello psicologico al motivazionale.

Eravamo consapevoli che questo era solo l’inizio, e che le stesse buone pratiche dovevano essere estese ad un ambito più ampio. Stiamo pertanto valutando una proposta che ci è stata fatta da un gruppo di specialisti che coinvolge atleti, genitori, allenatori e dirigenti sociali in un percorso mirato a rendere cosciente del proprio ruolo ogni singola parte di questa “comunità”.
Non siamo interessati a diventare fornitori di servizi e dobbiamo difendere i valori per cui ci siamo costituiti, anche perchè è da questa fitta rete di società volontaristiche che nasce la voglia di tutelare quel BENE COMUNE che è la più grande COMUNITÀ (paese, città, nazione … mondo) in cui siamo inseriti.